di Gabriele Testi
Un vero e proprio segreto di Pulcinella fa di Londra un’eccezione europea. La City gode naturalmente della deferenza che ovunque, Italia compresa, si dà al mito di una capitale britannica a lungo star del capitalismo occidentale e forza motrice della ottocentesca rivoluzione industriale.
Ma il cuore della metropoli, da non confondere con la Grande Londra sviluppatasi nei secoli attorno al nucleo centrale verso il West End e in direzione della foce del Tamigi, conserva un elemento che la rende unica a livello continentale e la proietta indietro nel tempo.
Giuridicamente parlando, la “città storica” raccolta attorno a Lombard Street, con i suoi costosissimi edifici e le residenze per miliardari, è infatti l’ultimo retaggio di una concezione antichissima dell’elettorato attivo, il relitto di una struttura “oligarchica” in cui non soltanto i cittadini residenti, ma anche le società private domiciliate all’interno dei suoi confini, concorrono ad eleggere gli organi rappresentativi: in estrema sintesi, è l’ultimo vero comune medievale d’Europa.
La Città di Londra, cara al primo ministro conservatore David Cameron, è il quartiere della megalopoli che occupa la porzione storicamente più vecchia dell’agglomerato urbano, dislocata grossomodo tra il fiume, Chancery Lane, Charterhouse Street e la Tower of London.
Un “quartiere” londinese che non dipende dall’amministrazione comunale, bensì è una realtà a parte e a se stante, quasi uno “Stato nello Stato”. La “City of London Corporation” ha in effetti un proprio sindaco, suoi magistrati e autonome forze dell’ordine, indipendenti e distinte dalla Metropolitan Police.
La struttura della “Corporazione” che la amministra, con sede nella Guildhall, splendido edificio del 1441, ha caratteristiche uniche che cozzano con l’odierna accezione di democrazia e comprende due camere, la Corte degli Assessori (Court of Aldermen), eletta in 25 collegi uninominali, e la Corte del Consiglio Comune (Court of Common Council), composta di 100 membri scelti nei medesimi collegi, che in tal guisa divengono plurinominali.
Le tre principali cariche individuali, il Signor Sindaco e gli Sceriffi, sono scelti con suffragio ristretto ed elettorato passivo ancora più limitato. Chi ha più dipendenti, magari dislocati in Australia o Sud Africa, e di conseguenza un giro d’affari maggiore, ha più potere di voto. E chi ha più potere di voto incide fatalmente (al ribasso) sul proprio carico fiscale, in Gran Bretagna e nel resto del mondo.
Tale sistema di governo è andato sempre più differenziandosi da quello degli altri enti municipali inglesi, non essendo stato intaccato dalla riforma delle amministrazioni municipali del 1866 e dalle norme successive, e neppure dalla conferma di una Grande Londra divisa in trentadue “borghi” avvenuta nel 2000.
Nelle elezioni municipali vige ancora – e rappresenta una parte sempre maggiore dell’elettorato – il cosiddetto “non residential” (o “business”) vote, che nel resto del Paese è stato abrogato nel 1969: si tratta del diritto di voto riconosciuto, oltre che alle persone fisiche residenti, a chi esercita un’attività commerciale nella City, comprese le organizzazioni, anche prive di personalità giuridica, o alle antiche corporazioni di arti e mestieri, equivalenti ai nostri ordini professionali, che non sempre hanno una mera funzione cerimoniale; queste ultime esercitano il diritto di voto attraverso persone fisiche da loro designate in numero correlato ai lavoratori o agli iscritti.
La sopravvivenza nel ventunesimo secolo di un simile sistema di governo è razionalizzata dal ristrettissimo numero di abitanti dello “square mile”, il “miglio quadrato” della Montecarlo d’Albione, appena settemila contro gli otto milioni e passa di soggetti residenti complessivamente nella metropoli di Londra (fra i quali cinquecento istituti di credito, la metà dei quali nemmeno britannici), ma a ciò si aggiunge lo scarsissimo ricambio generazionale e sociale a causa degli esorbitanti costi degli edifici o anche solo degli affitti del quartiere.
E, soprattutto, emerge la ricaduta economica garantita dalle “company” in cambio di un simile potere politico: un “power” a suo modo democratico che fa della City of London il vero paradiso fiscale del Vecchio Continente, di cui Bermuda, Cayman, Turks e Caicos, Isole Vergini Britanniche o Gibilterra, storiche dipendenze del Regno Unito, sono soltanto la longa manus…
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